lunedì 19 aprile 2010

LA FORMAZIONE DELLO STATO ITALIANO

di Raffaele De Piano

L’unificazione italiana è stata realizzata mediante l’annessione al Regno di Sardegna degli Stati preunitari, per effetto delle conquiste militari e dei successivi plebisciti. In seguito all’unificazione politica, la costituzione e la legislazione sabaude vigenti vennero estese alle altre regioni italiane.
La prima costituzione dello Stato italiano è stata lo Statuto Albertino, che era stato emanato nel 1848 dal re di Sardegna Carlo Alberto ed è divenuto la costituzione del neonato Regno d’Italia nel 1861.
Dal punto di vista formale lo Statuto Albertino era una costituzione scritta, concessa, breve e flessibile.
Era una costituzione concessa perché proveniva dal sovrano, che aveva autolimitato i suoi poteri. In realtà, più che una concessione, costituiva il risultato di un compromesso tra la monarchia e la borghesia, dato che nel 1848 tutta l’Europa era stata percorsa da numerosi moti rivoluzionari; era una costituzione breve perché dedicava soltanto poche disposizioni ai diritti e doveri dei cittadini, ed era infine una costituzione flessibile perché poteva essere modificata con una semplice legge ordinaria.
Dal punto di vista formale lo Statuto Albertino è rimasto in vigore dalla nascita dello Stato italiano all’entrata in vigore della nuova Costituzione repubblicana (1861-1948), ma in realtà è stato svuotato progressivamente con una serie di provvedimenti emanati nel periodo liberale e, soprattutto, nel periodo fascista. Il carattere flessibile dello Statuto ha da un lato permesso di adattarlo nel corso del tempo ai cambiamenti della società italiana, dall’altro ha reso possibile l’avvento del fascismo.
Lo Statuto Albertino ha segnato il passaggio dalla monarchia assoluta alla monarchia costituzionale.
Nello Statuto il potere legislativo era attribuito congiuntamente al re e alle due Camere: il Parlamento era infatti formato dal Senato del Regno o Camera alta, e dalla Camera dei deputati o Camera bassa. Il Senato era costituito dai principi di Casa Savoia e dai senatori nominati a vita dal re tra le persone appartenenti a particolari categorie sociali. Oltre alla funzione legislativa il Senato svolgeva anche la funzione di Alta Corte di Giustizia, cioè di giudice nei confronti dei ministri messi in stato di accusa dalla Camera dei deputati e dei senatori accusati di avere commesso dei reati.
La Camera dei deputati invece era costituita dai deputati eletti dal popolo, o meglio da una elite borghese molto ristretta.
Le due Camere quindi riflettevano un’origine sociale differente, come spesso era differente la loro posizione politica: la Camera alta era più conservatrice, mentre la Camera bassa era più liberale e riformatrice.
Ai parlamentari venivano riconosciute alcune prerogative, come l’insindacabilità e la immunità penale, ma non venivano retribuiti.
Lo Statuto riconosceva al re il potere di iniziativa legislativa, e soprattutto il diritto di sanzione delle leggi, in quanto tutte le leggi approvate dal Parlamento dovevano essere approvate anche dal sovrano, che poteva apporre il proprio veto su una legge e impedirle di entrare in vigore.
Il potere esecutivo era attribuito in via esclusiva al sovrano, al quale spettava il potere di nomina e di revoca dei suoi ministri. Al re erano inoltre riconosciute alcune importanti funzioni in materia amministrativa, come il comando delle forze armate e le decisioni in materia di politica estera.
Infine il re era anche a capo del potere giudiziario. I giudici erano funzionari pubblici dipendenti dal Governo e la magistratura era organizzata dalla legge con una struttura di tipo gerarchico. Di fatto i magistrati godevano di alcune limitate garanzie di autonomia nei confronti del Governo e della maggioranza parlamentare; la stessa inamovibilità veniva riconosciuta soltanto ai giudici superiori e veniva interpretata in modo restrittivo.

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