martedì 25 maggio 2010

La resistenza italiana, una politica di sterminio

di Maurizio Angelo Volpe

La Resistenza Italiana
Nel caos più totale e nel crollo delle strutture civili e militari in italia dopo l’invasione quasi totale da parte delle truppe straniere tedesche al nord e al centro, alleate al sud, vi furono diversi e molto chiari segnali di una spontanea reazione da parte di alcuni reparti dell’esercito e della popolazione contro l’occupazione nazista. Inizialmente erano movimenti con un carattere non organizzato:
• reparti dell’esercito che presero spontaneamente le armi contro i Tedeschi, l’episodio più celebre anche per la gravità di quanto accadde, riguardò l’isola di Cefalonia.
• il 10 settembre a Roma la popolazione e reparti militari italiani posti a difesa della città si scontrarono con i Tedeschi opponendo loro una resistenza senza speranza, data la disparità delle forze, ma significativa della volontà comune dei comandi militari, dei soldati e della popolazione civile.
• a Napoli alla fine di settembre la popolazione insorse spontaneamente e costrinse i Tedeschi al ritiro dalla città prima ancora dell’arrivo degli Alleati.
• nelle zone del Nord controllate dai Tedeschi, dove sul finire del 1943 si andarono organizzando le strutture della Repubblica di Salò, la risposta dei giovani alla chiamata alle armi imposta dai nazifascisti ebbe scarso esito, e fu in questi mesi che cominciarono a formarsi piuttosto le brigate partigiane. Nel Nord Italia, in realtà, già prima della caduta del fascismo si erano avuti segnali di un movimento popolare e spontaneo.
La Resistenza si trovò tra la fine del 1943 e la primavera del 1945, quando la guerra ebbe termine. Gli Alleati erano sbarcati in Sicilia già a luglio, poi a Salerno e in Puglia in settembre, e il fronte si stabilizzò a lungo prima sulla linea di Cassino, poi lungo l’Appennino tosco-emiliano.
Per oltre un anno e mezzo in Italia si combatterono due guerre in una, e questo rese molto complessa e grave la situazione in cui si trovò il paese:
• si combatté una guerra di liberazione dal nazifascismo, condotta in primo luogo dagli Alleati contro i Tedeschi, ma anche dalle forze partigiane;
• si combatté una guerra civile, perché soldati italiani erano presenti tra le file degli eserciti dell’una e dell’altra parte, essendo l’Italia divisa in un Regno d’Italia al Sud e poi al Centro-Sud, e nella Repubblica di Salò al Nord.
La Resistenza fu un movimento di volontari, strutturatosi presto intorno a figure politiche di riferimento che ne assunsero la guida, legate ai partiti che andavano nuovamente organizzandosi operanti là dove gli eserciti alleati non riuscivano ancora ad arrivare, cioè al di là delle linee nemiche, nei territori controllati dai Tedeschi.
Ebbe un carattere popolare molto marcato, perché i partigiani erano volontari, perlopiù giovani che invece di obbedire all’ordine di arruolamento imposto dal governo della Repubblica di Salò abbandonavano le loro case e salivano in montagna, oppure soldati sbandati dopo l’8 settembre che si riorganizzavano nelle brigate partigiane, comunque sempre in una logica di scelta volontaria, ma ebbe anche un carattere interclassista perché vide la partecipazione di tutte le classi sociali alla comune lotta al nazifascismo. Vi fu anche una notevole partecipazione femminile, in vari ruoli in genere non direttamente legati al combattimento.
Azioni di sabotaggio, di guerriglia, di controllo del territorio, in modo da rendere difficile l’attività militare dei Tedeschi nelle retrovie: un atto di guerra era far saltare un ponte là dove si sapeva che doveva transitare un convoglio tedesco.
Furono i partiti a imprimere un indirizzo polito alla resistenza, già all’indomani dell 8 settembre i partiti si erano riuniti, sul modello di quanto stava avvenendo in altri Paesi europei, in un Comitato di liberazione nazionale a cui aderirono, oltre ai liberali, ai socialisti e ai comunisti, anche i democristiani e gli azionisti. Alla fine del 1944 gli Alleati riconobbero il Comitato di liberazione nazionale dell’Alta Italia come la guida politica delle formazioni partigiane, e la direzione militare venne assunta dal generale Raffaele Cadorna.
Il contributo politico dato dalla Resistenza alla formazione dell’Italia contemporanea è notevole, perché l’Italia repubblicana che nascerà nel 1946 trasferirà nella sua Costituzione i valori antifascisti che avevano guidato la lotta partigiana. Anche il contributo militare non fu né secondario né marginale, e molte città al momento della fine della guerra furono in grado di liberarsi dai Tedeschi prima ancora dell’arrivo degli Alleati (Napoli, Firenze e diverse altre.)
Quella partigiana fu una guerra che coinvolse anche i civili, per l’appoggio che le popolazioni diedero in generale alla formazione della Resistenza e proprio contro i civili fu in molti casi direttamente rivolta la reazione dei Tedeschi:
• quanto accadde alle Fosse ardeatine a Roma, nella primavera del 1944, dove 335 cittadini vennero uccisi dai Tedeschi con un colpo alla nuca come rappresaglia per un attentato partigiano contro una compagnia tedesca in via Rasella, che aveva provocato la morte di 33 soldati;
• l’eccidio di Marzabotto, un paese dell’Appennino tosco-emiliano non lontano da Bologna dove i Tedeschi massacrarono quasi per intero la popolazione civile, accusata di proteggere le azioni dei partigiani: si ebbero 1836 morti, tra cui 200 bambini.


Una politica di sterminio
Tra il 1942 e la fine della guerra alcuni dei dei circa 900 campi di concentramento esistenti in Germania e nelle zone occupate vennero trasformati in campi di sterminio(il più celebre è quello di Auschwitz, in Polonia) dove vennero rinchiusi e uccisi da cinque a sei milioni di Ebrei, di cui circa la metà polacchi.
La coscienza europea e mondiale reagì con sgomento quando le prove di quanto era accaduto emersero, al momento della conquista alleata delle zone prima controllate dai nazisti:era stato compiuto un tentativo sistematico di eliminazione programmata di un intero popolo.
Tutto questo era accaduto nel cuore della civilissima Europa e con il concorso di moltissime persone, benché la popolazione civile fosse tenuta all’oscuro del destino cui andavano incontro gli Ebrei che venivano prelevati con ogni mezzo da ogni angolo dell’Europa hitleriana.
La politica razziale nazista si risolse anche contro gli Slavi dell’Europa orientale e soprattutto contro gli Zingari, di cui fu ugualmente tentato il genocidio: gli storici valutano in 400000 il numero dei Rom uccisi nel corso delle campagne hitleriane di sterminio di questa popolazione, attuate prevalentemente nei territori slavi.
Prima e dopo che entrassero in funzione i campi di sterminio, le armate hitleriane e soprattutto le SS si resero responsabili di diversi massacri nelle zone occupate, non ci si riferisce qui ad atti di guerra, ma alla deliberata volontà di sterminare popolazioni civili inermi. La Polonia soprattutto ebbe a soffrire di questi eccidi. Nel 1943 a insorgere erano stati gli Ebrei del ghetto, un quartiere che i nazisti avevano recintato con un muro del perimetro di 17 chilometri e in cui varie ondate erano state rinchiuse fino a 400000 persone, in condizioni di vita terribili. Per gli Ebrei del ghetto già sopravvivere in quelle condizioni era un atto di resistenza, e da parte di molti vi fu il tentativo di far sopravvivere quanto si poteva almeno della propria cultura.
Così quando il 19 aprile del 1943 i nazisti iniziarono le operazioni di liquidazione del ghetto, si trovarono di fronte alla resistenza degli Ebrei in armi: una resistenza disperata, perché consapevole della impossibilità del successo, ma lucida, perché volta a testimoniare l’opposizione allo sterminio.
Un mese dopo del ghetto restavano solo macerie, quasi tutti gli abitanti erano stati uccisi nei combattimenti o trasferiti nei campi di sterminio.

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