lunedì 7 giugno 2010

La Prima Guerra Mondiale

Di Maggio & Palaia


A Sarajevo, in Bosnia, il 28 giugno del 1914 viene ucciso in un attentato terroristico l’erede al trono austriaco, con la moglie. A ucciderlo fu uno studente membro di un’associazione nazionalista serba e questo offrì l’occasione al governo austriaco di lanciare un ultimatum alla Serbia e, una volta scaduti i termini, di dichiarare la guerra. Il sistema delle alleanze europee coinvolse nel giro di pochi giorni tutte le grandi potenze nel conflitto, che tutti ritenevano sarebbe stato rapido e di movimento, sul modello delle guerre ottocentesche, e che invece si trasformò ben presto in una lunga guerra di posizione.
L’episodio di Sarajevo fu solo scatenante, le cause profonde erano altre. Tra esse, ve ne sono alcune importanti da un punto di vista politico: il conflitto tra Germania e Francia per il possesso dell’Alsazia e della Lorena e il predominio in Europa; il confronto sui mari tra l’Inghilterra e la Germania; le tensioni tra l’Austria e la Russia a proposito dei Balcani; e molte altre tensioni minori che continuavano ad addensarsi da decenni.
Tra le cause economiche va innanzi tutto ricordato il fatto che il capitalismo monopolistico poneva enormi risorse nelle mani di poche aziende, che agivano in condizioni di monopolio ed erano in grado di condizionare i governi; questo fatto, unito a un nazionalismo sempre più esasperato, portò a una volontà di guerra per ragioni di predominio economico. A questo va aggiunto il fatto che molti pensavano alla guerra come a un’occasione per liberare energie, nell’ottica di un darwinismo sociale e politico che si legava alla chiusura nazionalista e militarista.
Nei primi giorni della guerra, la Germania decise un attacco a fondo contro la Francia e Parigi violano la neutralità del Belgio (piano Schlieffen); la resistenza belga consentì però ai Francesi di ripiegare sulla Marna, bloccando l’avanzata tedesca. Intanto sul fronte orientale l’attacco russo veniva fermato da Tedeschi con le battaglie di Tannenberg e del laghi Masuti. La guerra di movimento si stava trasformando in guerra di posizione e le risorse di tutti gli Stati vennero da allora convogliate verso la vittoria finale.
Nel 1914 l’Italia scelse di non entrare in guerra e nel Paese si aprì di un dibattito tra gli intervenisti (il re, il governo di Salandra, i circoli militari e industriali, i gruppi politici della destra nazionalista e pochi altri) e gli anti-intervenisti (in generale il mondo politico e sociale, Giolitti compreso, i cattolici, i socialisti, e così via). Nell’aprile del 1915 il re il governo firmarono però, all’insaputa dello stesso Parlamento, il Patto di Londra, con cui l’Italia si impegnava a entrare in guerra entro un mese. Sfruttando la propaganda nazionalista e gli infiammati discorsi di D’Annunzio, i maggio si giunse all’ingresso in guerra, con una sostanziale abdicazione del Parlamento ai suoi poteri.
L’ingresso in guerra dell’Italia determinò l’apertura di un fronte sulle Alpi, che cedette all’improvviso nel 1917 a Caporetto sotto un massiccio attacco austriaco. L’Italia comunque resistette, ricomponendo la linea di difesa sul Piave. Sul fronte occidentale si susseguivano intanto battaglie combattute da milioni di uomini con milioni di morti, senza che si intravedesse uno sbocco al conflitto. La decisione di combattere una guerra totale portò la Germania a colpir importanti interessi degli Stati Uniti, che decisero perciò per l’ingresso in guerra; il presidente americano Wilson enunciò nel gennaio 1918 il programma in 14 punti, che prevedeva l’autodeterminazione dei popoli alla fine del conflitto.
All’inizio del 1918 la Russia, travolta dalla crisi interna e nel pieno delle vicende rivoluzionarie (Rivoluzione d’ottobre), uscì dalla guerra firmando la pace d Brest-Litovsk. Questo consentì alla Germania un attacco massiccio sul fronte occidentale, che tuttavia fallì; all’arrivo delle truppe americane, gli Alleati furono in grado di contrattaccare e alla fine del 1918 gli Imperi centrali crollarono. Una serie di rivoluzioni interne portò alla nascita di repubbliche sia nelle terre dell’Impero austro-ungarico sia in Germania.
Con una lunga serie di trattati – stilati a Parigi nel corso di una Conferenza di pace tenutasi tra il 1919 e gli anni successivi – imposti dai vincitori ai vinti, la guerra ebbe fine e la carta politica d’Europa ne risultò profondamente modificata: l’Alsazia e la Lorena tornarono alla Francia e la Germania si vide costretta a pagare un enorme debito di guerra ed accettare la completa smobilitazione delle sue forze armate, oltre alla perdita di tutte le sue colonie varie clausole minori;
al posto dell’Impero austro-ungarico e dell’Impero ottomano nacquero una lunga serie di Repubbliche indipendenti, mentre il Medio Oriente venne spartito tra Inghilterra e Francia. L’Italia ottenne il Trentino Alto Adige e , dopo lunghe e complessive trattative, anche Trieste, ma la questione adriatica rimase irrisolta ancora per molti anni.

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